Per bullismo si intendono tutte quelle azioni di sistematica prevaricazione e sopruso messe in atto da parte di un bambino/adolescente, definito “bullo” (o da parte di un gruppo), nei confronti di un altro bambino/adolescente.
Uno ragazzo è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto deliberatamente da uno o più compagni.
Non si fa quindi riferimento ad un singolo atto, ma a una serie di comportamenti portati avanti ripetutamente.

E’ possibile distinguere tra bullismo diretto (che comprende attacchi espliciti nei confronti della vittima e può essere di tipo fisico o verbale) e bullismo indiretto (che danneggia la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, attraverso atti come l’esclusione dal gruppo dei pari, l’isolamento, la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul suo conto, il danneggiamento dei suoi rapporti di amicizia). Quando le azioni di bullismo si verificano attraverso Internet (posta elettronica, social network, chat, blog, forum), o attraverso il telefono cellulare si parla di cyberbullismo.

Il fenomeno si manifesta in età compresa tra i 7 e i 16 anni e diminuisce di incidenza con l’avanzare dell’età.
Maschi e femmine sono coinvolti in maniera diversa sia nella frequenza che nella qualità delle aggressioni che vanno dalla violenza fisica e verbale, alla violenza psicologica e alla violenza indiretta.

Come accorgersi se il proprio figlio è vittima di bullismo?

In generale, é importante che i genitori prestino attenzione ad alcuni campanelli di allarme.
Per il bullismo, tra gli altri: il figlio ha spesso vestiti stracciati o sgualciti, libri o oggetti rovinati quando torna da scuola; ha lividi, ferite, tagli e graffi per i quali non riesce a fornire una spiegazione; non invita a casa i compagni di classe o i coetanei e raramente trascorre del tempo con loro; smette di andare su Internet o controlla i propri profili sui social network in continuazione.
Inoltre, possibili campanelli di allarme sono mal di stomaco o mal di testa frequenti prima di andare nei luoghi di aggregazione dove gli episodi avvengono (scuola, palestra…), così come gli sbalzi di umore, facilità di irritazione o scatti d’ira. Rispetto ai comportamenti, ancora, possono essere campanelli di allarme anche le frequenti richieste di denaro in casa (o l’uso della carta di credito senza il permesso dei genitori) così come gli improvvisi cali nel rendimento scolastico.

Come accorgersi se il proprio figlio è un bullo?

Anche il genitore di un ragazzino che mette in atto comportamenti “da bullo” può notare alcuni campanelli di allarme: in genere i bulli hanno difficoltà relazionali e/o sono spesso aggressivi non solo verso i compagni, ma anche verso gli adulti, di cui con difficoltà riconoscono l’autorità. Queste difficoltà relazionali in alcuni casi rientrano in veri e propri disturbi della condotta. Spesso, inoltre, le difficoltà relazionali si associano ad uno scarso rendimento scolastico. Altri campanelli di allarme possono essere il possesso di oggetti (cellulare, soldi, etc.) di cui il genitore non riesce a comprendere la provenienza.

E’ importante ricordare che il bullismo non è:

uno scherzo: nello scherzo l’intento è di divertirsi tutti insieme, non di ferire l’altro;
un conflitto fra coetanei: il conflitto, come può essere un litigio, è episodico, avviene in determinate circostanze e può accadere a chiunque, nell’ambito di una relazione paritaria tra i ragazzi coinvolti.

Fattori di rischio

Psicologici

per la vittima: eccessiva prudenza e insicurezza, incapacità di affermare se stessi, accentuata sensibilità e bassa autostima (che peggiora con il protrarsi delle ingerenze), debolezza fisica e atteggiamento negativo verso la violenza che viene interpretato come incapacità di difendersi dalle offese ricevute;

per il bullo: bisogno di dominio e potere, ostilità verso l’ambiente, sensibilità al “prestigio” ottenuto dalle prepotenze, mancanza di empatia e compassione, non adeguato riconoscimento delle emozioni altrui, tendenza alla deresponsabilizzazione per i propri gesti.

Familiari

Nelle famiglie delle vittime c’è la tendenza all’iper-protezione e a relazioni di tipo ansioso e controllante. Nella famiglie dei bulli, lo stile educativo è spesso troppo permissivo o coercitivo e le regole poco strutturate e incoerenti. In alcuni casi la violenza e l’aggressività sono una caratteristica delle interazioni familiari.

Relazionali

La caratteristica del bullismo è il cronicizzarsi di certe dinamiche all’interno del gruppo, dove alcuni ricoprono sempre il ruolo di vittime e altri sempre il ruolo di bulli.

Il bullo non agisce mai quando è solo, ma sempre di fronte ad altri compagni, i quali raramente prendono le difese della vittima, sia per paura di ritorsioni da parte del bullo, sia perché la vittima è spesso impopolare; altre volte perché “non ci si immischia in faccende che non ci riguardano”.

Il silenzio-assenso e il mancato intervento da parte del gruppo legittima i bulli a continuare con i maltrattamenti e spinge altri ad imitarli e a sviluppare atteggiamenti simili o a sostenere i bulli.

Come contrastare il fenomeno

La strategia migliore per combattere il bullismo è la prevenzione, alla base della quale c’è la promozione di un clima culturale, sociale ed emotivo in grado di scoraggiare sul nascere i comportamenti di prevaricazione e prepotenza.

La scuola è il primo luogo di relazioni sociali per i bambini e, in virtù del suo ruolo educativo, ha la responsabilità di farsi portavoce di alcuni valori che possono aiutare a prevenire il bullismo, come promuovere la conoscenza reciproca, favorire l’autostima dei ragazzi, insegnare l’apertura verso la diversità e il rispetto degli altri, insegnare ad affrontare i conflitti invece di negarli, spiegare l’importanza del rispetto di regole di convivenza condivise.

E’ altrettanto importante riconoscerne i segni prestando la massima attenzione e, nel caso si dovessero riscontrare forti sospetti, intervenire immediatamente.
Più il tempo passa, più i ruoli si definiscono e le conseguenze diventano dannose.

Contro il bullismo si dovrebbero attivare sia la scuola che la famiglia: è importante che genitori e insegnanti comunichino tra loro e si metta in atto un intervento condiviso e coerente. Se un genitore ha il sospetto che il proprio figlio sia vittima o autore di episodi di bullismo, la prima cosa da fare è parlare e confrontarsi con gli insegnanti. Viceversa, se è un insegnante ad accorgersi di atti di bullismo, dovrebbe convocare i genitori, sia del bullo che della vittima, e organizzare insieme una strategia condivisa per porre fine alle prevaricazioni.